17/03/2014

Export carni suine: sempre complessa la situazione con la Russia

Permane il divieto, adottato l’ultima settimana di gennaio dalle Autorità della Custom Union, dell’esportazione di suini vivi e carni suine da tutti i Paesi membri della UE, a causa del riscontro di alcuni focolai di Peste suina africana in Lituania e Polonia.
La serrata trattativa condotta dalla Commissione europea ha portato alla decisione russa, il 6 febbraio, di riaprire il mercato ai prodotti a base di carne suina sottoposti ai trattamenti riconosciuti efficaci per inattivare il virus della Peste suina africana ai sensi della Direttiva 2002/99/CE del Consiglio.
Purtroppo più complessa è la negoziazione sulle condizioni per la ripresa delle esportazioni di carni suine fresche e sulla definizione delle misure di regionalizzazione ritenute sufficienti ad evitare la diffusione della malattia, nonostante il perdurare di tale divieto stia mettendo a rischio l’attività di molte imprese locali.

I vertici dei Servizi veterinari del Rosselkhoznadzor chiedono che l’Unione europea adotti un “approccio radicalmente diverso alla regionalizzazione” per consentire la ripresa delle esportazioni almeno da alcuni Stati comunitari.
Secondo le Autorità russe, infatti, la decisione della Commissione europea di individuare un’area del territorio lituano di 30 km dalla zona del focolaio, dalla quale vietare la movimentazione di animali e carni suine, si è rilevata inadeguata alla luce della comparsa della malattia anche in Polonia.
Le misure di regionalizzazione adottate dalla Federazione nei confronti della Bielorussia, infatti, prevedono il divieto di movimentazione di carni suine da un’area di 150 km dal focolaio e comunque l’esportazione è consentita solamente ai grandi allevamenti, con più di 10.000 capi e con un alto livello di biosicurezza.

Il Rosselkhoznadzor ha proposto alla Commissione europea di avviare una negoziazione per la ripresa delle esportazioni dai Paesi geograficamente più lontani dalla Lituania e dalla Polonia quali, tra gli altri, il Belgio, l’Olanda, la Spagna, l’Italia e la Danimarca, posticipando la valutazione della riapertura ai Paesi confinanti con Lituania, Polonia, Bielorussia e Ucraina a quando la situazione della diffusione della Peste Suina Africana sarà più chiara. Per la Germania, considerata la vastità del Paese, l’Autorità russa ha proposto la possibilità di ammettere le importazioni dalle aree più distanti dal confine polacco.
Su queste basi proseguono gli incontri tra la Direzione generale per la Salute e i consumatori della Commissione e i vertici delle Autorità sanitarie della Federazione russa.

Le conseguenze economiche del blocco
Il blocco sta avendo gravi conseguenze per il settore sia nell’Unione europea sia in Russia: il commissario per la Salute Tonio Borg ha avvertito che “Il prezzo della carne in Europa sta calando, mentre il prezzo della carne in Russia crescendo”. C’è stato infatti tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo un aumento del 35-40% del prezzo della carne di maiale in Russia. È quindi interesse reciproco dell’UE e la Russia per raggiungere una soluzione il più presto possibile per non danneggiare i consumatori, l’economia e il settore agroalimentare.

La Russia importa infatti poco meno di 1 milione di tonnellate di carne suina, pari a poco più del 30% del proprio fabbisogno. Di queste, circa il 75% provengono dall’UE. La Federazione Russa è, per contro, il primo mercato di sbocco per la carne suina comunitaria: il 25% di tute le esportazioni del settore sono dirette verso quel Paese. Il blocco lascia quindi sul mercato comunitario, storicamente in surplus produttivo rispetto ai consumi interni, una quantità di carne che crea perturbazioni ai prezzi del comparto.

Purtroppo la crisi in Ucraina scoppiata a fine febbraio e i contrasti creatisi tra la federazione Russa da un lato e l gli USA e l’UE dall’alto probabilmente non favoriranno una discussione razionale tra le parti che porti a una rapida soluzione del caso.

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