18/06/2020
In flessione la produzione dei salumi italiani nel 2019: – 0,7%
Il 2019 è stato un anno difficile per il comparto delle carni suine e in particolare per i produttori di salumi. Il settore ha dovuto confrontarsi con una domanda, sia interna sia soprattutto estera, debole e una repentina e importante crescita dei prezzi della materia prima. L’aumentata domanda cinese a causa della PSA e dei conseguenti abbattimenti di suini nel Paese del dragone, infatti, ha messo sotto pressione il mercato europeo delle carni suine, determinando un aumento dei prezzi che partendo dalla Spagna, principale Paese fornitore della Cina, si è via via esteso a tutti gli altri colpendo anche l’Italia a partire da marzo 2019.
L’effetto degli aumenti è stato tale da generare profonde preoccupazioni per la tenuta stessa di imprese e mercato in Italia come nel resto d’Europa. La situazione è risultata particolarmente difficile per l’industria di trasformazione italiana, che in un contesto di consumi deboli ha faticato a trasferire il maggiore costo sul prodotto finito.
In un contesto reso estremamente fragile dallo shock indotto dalla PSA, con l’inizio dell’anno e la diffusione del COVID-19 si è assistito ad un nuovo profondo sconvolgimento destinato a cambiare profondamente scenari, panorama produttivo e abitudini di consumo, le cui conseguenze è molto difficile prevedere.
Nel 2019 è risultata in flessione la produzione di salumi, che ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,176 milioni di tonnellate da 1,184 del 2018 (-0,7%). Il valore della produzione, invece, ha mostrato una crescita portandosi a 8.128,1 milioni di euro (+0,6%). La dinamica quantità/prezzi ha rispecchiato da un lato il rallentamento delle esportazioni e la debolezza dei consumi interni, dall’altro il forte incremento dei prezzi della materia prima.
In merito ai singoli salumi, il 2019 ha registrato una contrazione nella produzione di prosciutti crudi stagionati. Dopo l’importante incremento del 2018, la categoria ha evidenziato un calo del -2,7% in quantità per 281.600 ton e un -2,2% in valore per circa 2.224 milioni di euro. Il prosciutto crudo stagionato si è confermato, così, il principale salume prodotto con riferimento ai valori ma è sceso al secondo posto per quanto riguarda i volumi.
Lieve crescita per la produzione di prosciutto cotto, salita a 289.400 ton (+0,3%) per 1.988 milioni di euro (+0,9%). Nel corso del 2019 si è ridotta la flessione delle esportazioni in volume, grazie alla progressiva normalizzazione del dato spagnolo, mentre hanno evidenziato un andamento positivo i consumi interni.
La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del settore, è leggermente scesa rispetto all’anno precedente, fermandosi a 48,6% in quantità e scendendo a quota 51,8% dal 52,5% dell’anno precedente in valore.
Trend cedente anche per la produzione di mortadella, fermatasi a 164.100 ton (-0,4%) per un valore di 678,9 milioni di euro (+2,6%) e per quella dei wurstel, scesi a quota 59.600 ton (-1,4%) per un valore di 182,8 milioni di euro (-1,1%).
Nel 2019 si è interrotta la serie positiva dello speck, la cui produzione si è fermata a 34.200 ton (-4,8%) per un valore di 342,1 milioni di euro (-4,3%). All’interno della categoria da segnalare la performance dello speck IGP risultato in crescita rispetto all’anno precedente.
In aumento la produzione di salame che, beneficiando della buona performance dell’export e della tenuta dei consumi interni, è salita a 112.900 ton (+0,7%) per un valore di 977,9 milioni di euro (+3,5%).
Andamento cedente, invece, per la pancetta che nel complesso dei dodici mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 50.500 ton (-1,5%) per un valore di 233,8 milioni di euro (+1,9%). In calo anche la coppa con 42.400 ton (-1,4%) per 318,8 milioni di euro (-0,7%).
Solida crescita, per il secondo anno consecutivo, per la bresaola che ha chiuso il 2019 con un +3,5% in quantità per 18.500 ton e un +4% in valore per 291,8 milioni di euro.
Il 2019, risentendo della debolezza dei consumi e delle dinamiche che hanno determinato la flessione della produzione ha registrato un aggiustamento della disponibilità al consumo rispetto al 2018.
Il prosciutto cotto è il salume più amato dagli italiani seguito dal prosciutto crudo e dalla mortadella
Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 1.042,6 milioni di ton (-0,6%) contro 1.048,9 milioni dell’anno precedente.
Il consumo apparente procapite si è attestato intorno ai 17,3 kg contro i 17,4 del 2018 (-0,6%). Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente procapite è sceso a 28,9 da 29,3 kg dell’anno precedente (-1,2%).
Per quanto riguarda le vendite si segnala un incremento nel canale della GDO mentre maggiori difficoltà sono state rilevate negli altri canali. Nel 2019 hanno evidenziato un calo i consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati, scesi a 225.600 ton (-1,1%) mentre sono risultati stabili quelli di prosciutto cotto che si sono fermati a quota 277.600 ton (+0,2%). Sono risultati in flessione anche i consumi apparenti di mortadella e wurstel (-2,6% per 194.000 ton), mentre sono rimasti stabili a quota 83.000 ton quelli di salame (+0,1%). In crescita sono apparsi, invece, i consumi di bresaola saliti a 15.100 ton (+4,8%). Hanno chiuso sullo stesso livello del 2018, infine, i consumi apparenti degli “altri salumi”, fermi a 247.300 ton.
La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 26,6% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,6% da mortadella/wurstel scesi al 18,6%, dal salame all’8%e dalla bresaola all’1,4%. Chiudono gli altri salumi al 23,7% come nell’anno precedente.
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