29/01/2014
L’Europa perplessa dai “semafori ” britannici
Il Regno Unito ha adottato nel maggio 2013 una raccomandazione che spinge all’adozione di una triade cromatica “verde-giallo-rosso” sul packaging dei prodotti alimentari, a seconda degli ingredienti ritenuti “sani” o “pericolosi” (essenzialmente sale, zucchero, grassi) in essi contenuti. La grande distribuzione operante in Gran Bretagna ha recepito largamente e rapidamente tale raccomandazione che, e bene precisare, introduce criteri di etichettatura nutrizionale su base volontaria e non obbligatoria.
Si tratta dunque di un “esercizio” ammesso dalla ripartizione di competenze tra Europa e Stati membri, che in materia di etichettatura assicura all’Unione un ruolo prevalente rispetto agli Stati membri nel fissare le regole obbligatorie cui attenersi, proprio per realizzare nei fatti quel mercato unico che contraddistingue l’Unione.
Tuttavia, fin dalla sua approvazione, la raccomandazione e apparsa fortemente discriminatoria e potenzialmente lesiva non tanto (o non solo) delle riserve di competenza tra Europa e Stati membri, quanto piuttosto di ben piu fondamentali principi dell’Unione europea quali la libera circolazione delle merci e la leale e corretta concorrenza tra gli operatori in tutto il territorio dei 28 Stati membri.
Per questo ASSICA e Federalimentare segnalarono immediatamente la problematica fornendo approfonditi dossier e valutazioni economiche del possibile “danno” sulle nostre produzioni (la maggior parte delle quali peraltro concorre a quel patrimonio dell’Unesco che e la dieta mediterranea) alle autorita pubbliche nazionali competenti (Ministero della Salute in primis, Ministero dello Sviluppo Economico e Direzione Politiche Comunitarie del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali).
Siamo sempre stati convinti, infatti, che in realta, non esistono cibi “buoni” e “cattivi” in sé, ma soltanto diete giuste o sbagliate, a seconda di come i diversi alimenti vengono combinati. Per questo, “classificare” alimenti e bevande con un bollino colorato e non solo fuorviante, ma non si basa su evidenze scientifiche appropriate e da un giudizio semplicistico ed erroneo sul singolo prodotto. L’operato delle nostre autorita ha cominciato a raccogliere via via diffusi consensi nel resto d’Europa per culminare lo scorso 16 dicembre 2013 nella sollevazione di molteplici perplessità sulla misura britannica da parte di ben 16 Stati membri su 28 nel corso del periodico meeting del Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE.
Le delegazioni dei 16 Paesi hanno manifestato profonda preoccupazione per le conseguenze negative dello schema volontario britannico sulla libera circolazione delle merci, ricordando che gli operatori economici di qualsiasi Stato membro devono poter sempre contare con chiarezza e certezza su principi di etichettatura uniformi su tutto il territorio dell’Unione, siano essi obbligatori o volontari. A fronte di tale chiare sollevazioni la Commissione ha rassicurato i presenti alla riunione del Consiglio Agricoltura che procedera ad un approfondimento della raccomandazione e del suo impatto, cosi come ad uno studio sulle legislazioni vigenti nei vari Stati membri in materia di etichettatura al fine di sincerarne la loro corrispondenza con l’ordinamento comunitario.