06/12/2013

Materia prima nazionale, importazioni, ‘made in’: nota riassuntiva

L’Italia è un Paese che, a parte in qualche settore, è strutturalmente in deficit di materie prime agricole.

L’industria alimentare trasforma tutta la materia prima nazionale, ma questa è complessivamente carente per circa il 30% dei fabbisogni dei trasformatori. Per fare qualche esempio viene importato circa il 45% del latte, il 60% del grano tenero, il 40% del grano duro, il 90% della soia, il 40% della carne bovina. A questi si aggiungono prodotti che in Italia non possono essere coltivati, come il cacao o il caffè.

In questo contesto, la filiera dei salumi, da sempre, utilizza tutta la carne nazionale, che tuttavia copre il 60/65% delle necessità del settore. Per questo importa dai nostri partner comunitari (Germania, Francia, Olanda, Danimarca, Spagna, ecc.) il 35/40% della carne suina utilizzata nei salumi. Si tratta di una situazione strutturale, determinata dai limiti del nostro territorio.

La carne prodotta in Italia a partire dal suino pesante (160/180 kg) e quella prodotta in Europa con suini leggeri (90/110 Kg) hanno naturalmente caratteristiche qualitative, tecnologiche e di prezzo diverse.
Per cui, per fare i grandi prosciutti DOP e le altre produzioni a denominazione di origine protetta è obbligatorio utilizzare solo materia prima nazionale.

Per le altre produzioni può essere utilizzata sia la materia prima nazionale sia la materia prima estera (o un mix di materia prima nazionale e materia prima estera). La scelta comporta caratteristiche diverse nel prodotto finito, sia sotto l’aspetto qualitativo e organolettico (per esempio maggiore o minore quantità di grasso di copertura di un prosciutto crudo o cotto, maggiore o minore tenore di carne magra in un impasto) sia in termini di prezzo per il consumatore.

Ciò che in ogni caso è assolutamente garantita è la sicurezza dei prodotti e delle materie prime. Questo è, per la nostra industria, un prerequisito assoluto.

Le norme sanitarie sono le medesime in tutta Europa. A questo si aggiungono i controlli che le nostre imprese eseguono sulle carni utilizzate, sia nazionali sia europee, (oltre che su tutti gli ingredienti dei nostri salumi) e dal sistema nazionale di sicurezza sanitaria che effettua la propria attività di verifica e analisi delle materie prime e dei prodotti finiti.

La nostra missione è portare ai consumatori italiani e di tutto il mondo salumi realizzati in Italia buoni, sicuri e con un rapporto qualità/prezzo che soddisfi le esigenze di ogni singolo acquirente.

Sull’etichettatura di origine delle materie prime

L’etichetta di origine della materia prima è di competenza europea. La Commissione sta legiferando in maniera uguale per tutti (regolamento 1169/2011 e regolamenti attuativi).

Da aprile 2015, per esempio, sarà obbligatoria l’etichettatura della carne fresca di suino.

Per il resto si stanno facendo le valutazioni di impatto. Perché una etichettatura obbligatoria delle materie prime può aumentare i costi di produzione in maniera non marginale: dipende dal dettaglio a cui viene richiesta. Per questo la Comunità europea vuole evitare che una la norma comporti un aumento eccessivo dei costi per le imprese e, quindi, dei prezzi che pagano i consumatori.

Già oggi, peraltro, molti prodotti riportano l’indicazione d’origine della materia prima. Ciò avviene quando l’impresa valuta che la materia prima (italiana o meno) in quel caso effettivamente abbia qualità peculiari e, quindi, il consumatore riconoscerà un valore legato a questa caratteristica.

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