24/03/2020

Non esiste alcun collegamento scientifico tra aviaria e coronavirus: virus differenti

Di seguito riportiamo la lettera scritta dai Presidenti di ASSICA, ASSALZOO e UNAITALIA e indirizzata al Direttore del quotidiano Il Sole 24 Ore.

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Non esiste alcun collegamento scientifico tra aviaria e coronavirus: virus differenti

Egregio Direttore,

Le scriviamo in merito agli articoli pubblicati sul vostro quotidiano il 17 marzo scorso nella pagina 12, curata da Agnese Codignola. Ci stupisce e rammarica leggere articoli fuorvianti come questi – che contengono accuse immotivate al nostro sistema, ma soprattutto mescolano imprecisioni e problemi diversi (aviaria, peste suina africana, salmonella, antibiotico-resistenza), che non hanno tra loro nessun nesso scientifico, creando confusione nel lettore. Soprattutto in un momento di grande difficoltà, nel quale l’industria alimentare sta lavorando con abnegazione per dare continuità all’approvvigionamento alimentare, vitale per tutti gli italiani.

Sembra si voglia volutamente ignorare l’enorme differenza che esiste tra gli allevamenti italiani – all’avanguardia per qualità, sicurezza e tecnologia- e gli allevamenti rurali o "di massa" di animali selvatici in Cina. Associare le recenti epidemie e l’emergenza nazionale causata dal Covid-19 agli allevamenti intensivi o protetti che dir si voglia, mettendoli sullo stesso piano del consumo di animali selvatici nei Paesi asiatici, dimostra leggerezza.

Come documenta una nota di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli studi di Milano, che alleghiamo a questa lettera, non esiste alcun collegamento scientifico tra aviaria e Coronavirus: sono due virus totalmente differenti. Il pezzo principale è fuorviante già dall’occhiello: "Le recenti epidemie dimostrano che per evitare il passaggio dall’infezione tra specie occorre rivedere le norme su vendita e consumo di animali selvatici oltre che l’allevamento intensivo".

Così si induce il lettore a pensare che esista un legame tra gli allevamenti intensivi e lo spillover. Questo è un errore: il salto di specie avviene in presenza di uno stretto contatto tra uomo e animali selvatici, come nel caso dei wet market o in zone del mondo dove l’allevamento industriale è poco sviluppato. L’allevamento intensivo promuove esattamente il contrario, la separazione tra uomini e animali. Costituisce perciò un fattore protettivo e non di rischio.

False e infondate a livello scientifico sono le informazioni riportate nell’articolo sull’aviaria "Le regole per evitare il contagio nel piatto", che riporta "in passato il passaggio di specie delle influenze aviarie è quasi sempre avvenuto per contatto con la carne di pollame infetta ed è per questo che l’allerta è elevata. E le influenze aviarie sono ricorrenti".

Prima di tutto gli allevamenti avicoli non sono la causa del problema dell’aviaria: lo sono gli uccelli selvatici migratori che fanno da serbatoio al virus. Un virus influenzale ad alta patogenicità in un allevamento può portare a morte anche tutti gli animali presenti, in poco tempo. Per questo si interviene con misure drastiche di controllo ed eradicazione per limitare il più possibile il contagio. Gravissima è l’associazione al consumo di carni. Come già sottolineato dall’IZS e dall’Istituto Superiore di Sanità, il consumo di carni avicole non comporta alcun pericolo di trasmissione del virus dell’aviaria all’uomo. L’infezione si rischia solo tramite contatto diretto con animali infetti e in assenza totale di regole igieniche.

Non sono mai stati registrati casi di contagio per via alimentare e non c’è alcuna evidenza scientifica di una possibile trasmissione attraverso il consumo di carni avicole o uova dopo accurata cottura, poiché il virus è inattivato dal calore. Ma, soprattutto, carni e uova provenienti da animali che hanno contratto l’infezione non potranno mai arrivare sulla tavola del consumatore, perché gli animali dovranno essere abbattuti e l’allevamento e l’area circostante saranno sottoposti a una profonda azione di disinfezione. Si tratta quindi di un problema contro il quale si combatte per l’impatto sull’industria avicola.

In merito al virus H5N8 in alcuni Paesi dell’Est e Nord Europa, vi invitiamo a consultare l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Venezie e che sta fotografando la situazione in tempo reale, e il Centro di Referenza Europeo (EURL) per l’influenza aviaria. Quest’ultimo, ha da subito affermato che non esistono caratteristiche genetiche che indichino pericolosità per l’uomo, escludendo la sua trasmissione alle persone attraverso le carni commercializzate in Italia ed Europa. Detto ciò, possiamo richiamare regole igieniche che sono da applicare a prescindere per la prevenzione di tutte le tossinfezioni alimentari.

In merito alla peste suina africana (Asf), di cui si dice "La causa sono le stesse del coronavirus: allevamenti in condizioni igieniche promiscue, negazione e sottovalutazione da parte delle autorità, commercio di animali infetti", precisiamo che proviene dai facoceri in Africa, non è una zoonosi, e pertanto non è trasmissibile agli esseri umani, come riportato sul sito del Ministero della Salute. Il rischio in Europa proviene dai cinghiali, e le preoccupazioni per i Paesi in cui si produce il maiale sono focalizzate soprattutto per l’impatto che questo virus potrebbe avere sugli allevamenti, causando punte dell’80% di mortalità nei suini. Evidenti quindi le conseguenze economiche e alimentari, che influiscono poi a livello mondiale sul mercato, non sulla salute umana, almeno finché non generano penuria di carne e quindi di proteine animali, fondamentali per l’esistenza umana.

Certi di averla aiutata a comprendere le gravi inesattezze presenti nella pagina, Le chiediamo perciò di rettificare le notizie riportate pubblicando questa lettera integralmente, per rendere giustizia a un settore che sta compiendo enormi sforzi per garantire in questi giorni beni di prima necessità sulle tavole degli italiani.

Nicola Levoni – Presidente ASSICA
Marcello Veronesi – Presidente ASSALZOO
Antonio Forlini – Presidente UNAITALIA

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Il Sole 24 Ore – 24 marzo 2020



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