15/06/2023
Salumi: aumento dei costi di produzione e inflazione pesano su produzione e consumi
Roma, 15 giugno 2023 – Nel 2022 del post pandemia e della crisi energetica, le aziende del comparto suinicolo sono state messe particolarmente alla prova. L’Assemblea annuale ASSICA, che si è svolta oggi a Roma, ha evidenziato come conseguenza del difficile anno passato una flessione sia nella produzione di salumi (in quantità, con un 2022 che ha chiuso a -2,2% rispetto al 2021) che nei consumi, con una flessione della domanda interna, cui si è aggiunta nell’ultimo trimestre del 2022 anche la forte contrazione di quella estera. E la situazione non sembra migliorare per il 2023.
D’ANGELI: L’INCREMENTO DEI COSTI PRODUTTIVI SUPERA IL 25%, SENZA REDDITIVITÀ NON C’È FUTURO
“Il deciso e incessante aumento dei costi della materia prima, dei costi energetici e dei costi “correlati” è innegabile: l’incremento dei costi produttivi supera il 25%. L’inflazione del primo trimestre 2023 al consumo è circa 8%. Altrettanto evidente è che le industrie del settore hanno scaricato a valle solo parzialmente gli aumenti registrati, mantenendo calmierati i prezzi finali di vendita a tutela dei consumatori. Questo fenomeno ha determinato una sempre più marcata contrazione dei margini e della redditività delle aziende e ha sicuramente contribuito a generare problemi di liquidità alle imprese e ad accentuare la tensione finanziaria, comprimendo la possibilità di generare flussi di cassa positivi. Il protrarsi di questa dinamica di sofferenza dei conti economici non potrà naturalmente essere senza conseguenze sulle prospettive del tessuto produttivo. – ha commentato il neoeletto presidente ASSICA Pietro D’Angeli. “L’accesso al credito è l’altra grossa discriminante per la salute del settore, soprattutto per le piccole e medie imprese e per quelle aziende che non vantano rating estremamente positivi.
A partire dalla seconda metà del 2022, il panorama dei tassi di interesse è completamente cambiato: i tassi estremamente bassi cui ci eravamo abituati negli ultimi anni sono balzati rapidamente in alto nel giro di pochi mesi. L’aumento del costo del denaro, che avrà i suoi pieni effetti nel 2023, contribuirà ad appesantire enormemente i conti economici delle imprese che hanno fatto e dovranno fare ricorso al sistema bancario per il proprio fabbisogno finanziario. A questo scenario già preoccupante si affianca la perdita di potere d’acquisto delle famiglie: il consumatore italiano è più in difficolta e si sta rivolgendo a categorie di acquisto più basse. Il rischio di contrazione dei volumi di vendita dei nostri prodotti, per tutti noi, è evidente. Non da ultimo, la recente alluvione in Emilia-Romagna ha compromesso i raccolti del 2023 facendo prevedere un nuovo incremento dei costi di grano e mais con il rischio di nuovi aumenti dei costi di allevamento e gettando ulteriori nuove ombre sull’evoluzione dell’anno. Insieme dobbiamo individuare la via che possa portare il settore in un porto sicuro: senza redditività non c’è futuro” – ha concluso il Presidente.
I CONSUMI IN ITALIA
Nel 2022, il settore ha mostrato una certa resilienza testimoniata dai buoni risultati delle vendite in GDO, ma l’incremento dei costi di produzione ha penalizzato i volumi venduti negli altri canali, che hanno recepito prima gli aumenti. Proprio in questi canali, infatti, i consumatori sembrano aver variato prima le proprie abitudini di spesa, modificando tipologia di prodotti comprati e i quantitativi. Inoltre, soprattutto nella prima fase dell’anno, si è assistito ad un ridimensionamento dei formati di vendita che ha contribuito alla riduzione dei quantitativi venduti come anche la maggiore attenzione delle famiglie che, abbandonata la mentalità della scorta che aveva contraddistinto la fase del Covid, hanno effettuato acquisti sempre più consapevoli e in prossimità della occasione di consumo.
Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 994,1 mila ton (-2,1%) contro 1,015 milioni di ton dell’anno precedente. Il consumo apparente pro-capite, considerato l’andamento della popolazione, si è attestato intorno ai 16,7 kg contro i 17,0 del 2021 (-2,1%).
I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati sono scesi a 219.700 ton (-1,2%); quelli di prosciutto cotto sono saliti a quota 276.100 ton (+0,5%). Sono risultati in aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+6,0% per 202.100 ton) e quelli di salame attestatisi a 84.900 ton (+4,2%). Hanno evidenziato un deciso ridimensionamento i consumi di bresaola scesi a 24.000 ton dalle 25.800 dell’anno precedente (-6,9%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 187.200 ton. (-14,8%).
La struttura dei consumi interni vede quindi al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,8% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 22,1% da mortadella/wurstel al 20,3%, dal salame all’8,5% e dalla bresaola al 2,4%. Chiudono gli altri salumi al 18,8%. Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è rimasto stabile a 28,4 kg (+0,2%) grazie all’incremento registrato dai consumi di carne suina fresca (+3,6%).
LA PRODUZIONE
Nel 2022 la produzione di conserve animali e quella di grassi lavorati è risultata in flessione rispetto a quella dell’anno precedente attestandosi a 1,393 milioni di ton da 1,433 milioni di ton del 2021 (-2,8%). L’insieme delle produzioni ha presentato un fatturato di 8.964 milioni di euro, superiore (+2,2%) a quello del 2021 (8.774 milioni di euro). La produzione di salumi nel 2022 ha evidenziato una flessione in quantità, dopo l’importante incremento registrato nel 2021 e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,143 milioni di tonnellate da 1,169 del 2021 (-2,2%). È risultato in leggero aumento, invece, il valore della produzione salito a 8.522 milioni di euro (+1,2%) da 8.420 milioni del 2021 spinto dagli aumenti dei costi di produzione.
Anche in merito alla produzione (in volumi) il primo posto va al prosciutto cotto, con una quota pari al 25,4% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 24,4%, dalla mortadella al 14,9%, dal salame all’11% e dai wurstel al 5,5 %. Chiudono gli altri salumi al 19%.
L’EXPORT/IMPORT
Discreto risultato per le esportazioni di salumi italiani nel 2022 nonostante le penalizzazioni dovute alla PSA (che ha determinato la chiusura di alcuni importanti mercati esteri come Giappone, Serbia e Taiwan e l’imposizione di restrizioni da parte di altri mercati) e all’inflazione che hanno pesato sugli scambi rallentandone il passo e limitando il potenziale del settore.
Secondo i primi dati rilasciati da ISTAT, nel corso del 2022 le spedizioni dei salumi italiani si sono fermate a quota 197.800 ton per 1.990,9 milioni di euro, registrando una lieve flessione a volume (-0,4%) ma una crescita a valore (+7,4%). Dati che nascondono però il forte peggioramento registrato dall’export nell’ultimo scorcio dell’anno, quando, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse hanno fatto rallentare anche la domanda dei nostri tradizionali partner commerciali, soprattutto quelli comunitari.
Le importazioni hanno mostrato una contrazione in quantità ma una crescita in valore, fermandosi a quota 48.172 ton (-6,8%) per un valore di 255,2 milioni di euro (+3,5%).
Il saldo commerciale del settore è salito a quota 1.735,6 milioni di euro, in aumento (+8,1%) rispetto al 2021. Le esportazioni del comparto in termini di fatturato hanno, però, mostrato un passo più lento rispetto a quello dell’industria alimentare (+18,5%) e a quello generale del Paese (+19,9%).
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