12 Giugno 2024

UE: la competitività torna di moda

(Di Michele Spangaro)

L’approvazione politica è arrivata a metà aprile dopo ore di discussione a Bruxelles in una riunione speciale del Consiglio europeo che si è conclusa con l’adozione di un testo di Conclusioni e con la pubblicazione del Rapporto sul futuro del Mercato Interno di Enrico Letta. Tutto questo nonostante i profondi disaccordi tra i leader sulle proposte di armonizzazione delle norme fiscali sulle società e su un piano decennale di integrazione dei mercati dei capitali dei Paesi dell’UE. L’approvazione arriva mentre l’UE si trova ad affrontare un contesto geopolitico sempre più volatile, rapidi cambiamenti demografici e una concorrenza più agguerrita da parte di governi stranieri che stanno attirando investimenti con interessanti pacchetti di sovvenzioni.

Dalla lettura del testo di Conclusioni, emerge un’impostazione che segna una chiara rottura con la visione interamente green che ha caratterizzato l’agenda politica dell’UE di questi ultimi anni, con un linguaggio rinnovato, in cui le parole competitività, industria e investimenti ritrovano una riconosciuta centralità. Non a caso, subito dopo le sezioni dedicate a Ucraina, situazione in Medio Oriente e Turchia, il capitolo centrale delle Conclusioni è intitolato “Un nuovo Deal per la competitività europea”, ritenuto un intervento necessario e non più procrastinabile di fronte alla nuova realtà geopolitica e alle sfide sempre più complesse con le quali l’Unione europea deve confrontarsi.

I Capi di Stato e di Governo dei 27 riconoscono infatti che, in futuro, l’azione politica dovrà essere messa meglio al servizio del rafforzamento della base economica, manifatturiera, industriale e tecnologica dell’Europa, al fine di garantire la resilienza economica dell’Unione, di ridurre la dipendenza strategica in alcuni settori sensibili come l’energia, le materie prime e le tecnologie critiche, di rafforzare la sua leadership tecnologica e la sua capacità di attrazione per fare business. Dovrebbe essere così iniziato un percorso che sarà scandito su tre momenti: la relazione sul futuro del Mercato unico di Letta, la definizione dell’Agenda strategica 2024-2029 e infine la relazione di Draghi sul futuro della competitività europea. Sembra che l’appuntamento con l’ex-governatore della Banca Centrale Europea per la presentazione del rapporto possa avvenire dopo le elezioni europee del 6-9 giugno, dunque al più presto al vertice dei leader UE del 27-28 giugno.

IL RAPPORTO SUL FUTURO DEL MERCATO UNICO ELABORATO DA ENRICO LETTA

Si tratta di un testo redatto con l’obiettivo di condurre un esame approfondito del futuro del mercato unico dopo una serie di crisi e sfide esterne che hanno messo a dura prova la sua capacità di resistenza. Nel suo rapporto di circa 150 pagine dal titolo “Much more than a market – Speed, security, solidarity”, l’ex premier italiano Enrico Letta ha delineato una serie di proposte ambiziose destinate a trasformare il panorama economico e finanziario del continente con l’obiettivo di compiere un salto di qualità per gareggiare con potenze come Stati Uniti e Cina. Tra le principali proposte di Letta l’integrazione dei mercati della finanza, dell’energia e delle telecomunicazioni, l’istituzione di un’Unione dei risparmi e degli investimenti, l’implementazione di un nuovo sistema europeo di aiuti di Stato.

Altro punto di cruciale importanza è quello della difesa. Secondo Letta il mercato della difesa dell’UE deve essere più integrato, creare campioni, avere accesso ai fondi e dare alla Commissione europea poteri di supervisione. Nel rapporto Letta parla anche dell’integrazione del mercato spaziale, sottolineando che l’industria spaziale europea non è più adeguata a competere nell’attuale economia di settore a livello globale. L’impatto più importante di tutti è proprio legato al fatto che l’integrazione del mercato interno, in particolare con l’unificazione dei mercati finanziari, può rappresentare un “Game changer” in un dibattito che l’UE sta conducendo almeno da 10 anni.

Un dibattito molto difficile su come garantire che il mercato finanziario europeo sia integrato e attrattivo. E non come oggi, dove, secondo i dati della Bce, 300 miliardi di risparmi europei vanno negli Stati Uniti per trovare un ambiente più favorevole, con le conseguenze che conosciamo. Il nocciolo della relazione – ha sottolineato Letta – è come garantire che l’integrazione del mercato unico possa diventare un “Game changer”. Mentre l’argomento principale è come mobilitare i risparmi degli europei, come garantire che la transizione funzioni, e con i finanziamenti che sono necessari. In poche parole, è un po’ un modo per dire che non sono solo gli Stati Uniti a essere capaci di creare il loro “Inflation Reduction Act”, il Fondo da circa 400 miliardi finanziato dal bilancio USA per sostenere l’industria verde sul proprio territorio.

LA FUTURA RELAZIONE DI DRAGHI SUL FUTURO DELLA COMPETITIVITÀ EUROPEA

“Ciò che proporrò è un cambiamento radicale, è quello di cui abbiamo bisogno”, ha anticipato lo stesso Draghi, nel suo intervento alla Conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali del 16 aprile u.s. Infatti, proprio alla vigilia del Consiglio Europeo Draghi ha tracciato le linee generali su cui si sta impostando il lavoro sulla relazione sul futuro della competitività europea: “Ci focalizziamo su dieci macro-settori dell’economia europea” con “tre fili conduttori”, ovvero scalabilità, beni pubblici e approvvigionamento di risorse essenziali.

Sono molti i punti di contatto con la relazione presentata da Letta ai 27 leader UE – in particolare sugli strumenti di finanziamento della transizione – ed entrambi gli ex premier italiani hanno confermato di aver lavorato in sinergia per la preparazione dei rispettivi rapporti. Tutto indica una convergenza dei due testi non solo nell’Agenda strategica per la prossima legislatura, ma soprattutto in quelli che saranno i pilastri del prossimo bilancio pluriennale UE (2028-2034), considerato il fatto che le fonti riportano “l’opportunità concreta” di creare un piano stabile di discussione sugli obiettivi e le priorità per il futuro a lungo termine dell’intera Unione.

“La nostra organizzazione, il nostro processo decisionale e il finanziamento sono pensati per il mondo di ieri, pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, pre-ritorno della rivalità tra grandi potenze”, ha affermato Draghi, secondo cui è necessaria “un’Unione europea che sia all’altezza del mondo di oggi e di domani”. Secondo Draghi, i Paesi UE e l’Europa si sono ripiegati su loro stessi, “considerando i nostri concorrenti come noi stessi, anche in settori come la difesa e l’energia in cui abbiamo profondi interessi comuni”. Inoltre, per l’ex presidente della BCE non si è considerata a sufficienza la competitività esterna all’UE.

 

“In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni a livello globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa”, ha osservato Draghi, che ha ricordato come altre regioni non stiano rispettando più tali regole e al contrario stanno invece “elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva”.

Secondo Draghi per invertire questa rotta è necessaria una “trasformazione dell’intera economia europea che consenta di contare su sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti; un sistema di difesa integrato e adeguato basato sull’UE; manifattura nazionale nei settori più innovativi e in rapida crescita; e una posizione di leadership nell’innovazione tecnologica e digitale vicina alla nostra base produttiva. Nella sua analisi emergono tre filoni comuni per gli interventi politici: consentire la scalabilità per poter aumentare gli investimenti e conquistare quote di mercato in settori in cui conta maggiormente; fornitura di beni pubblici; garantire la fornitura di risorse e fattori di produzione essenziali, come, ad esempio, le materie prime critiche.

Per Draghi una volta identificati i beni pubblici sono poi necessari i mezzi di finanziamento, ad esempio utilizzando meglio la capacità di prestito congiunta dell’UE, soprattutto in settori – come la difesa – in cui la spesa frammentata riduce la nostra efficacia complessiva. Tuttavia, l’ex premier ha precisato che la maggior parte del gap di investimenti dovrà comunque essere coperto da investimenti privati. “L’UE dispone di risparmi privati molto elevati, ma sono per lo più incanalati nei depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita come potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui far avanzare i mercati dei capitali costituisce una parte indispensabile della strategia globale per la competitività”, ha affermato.

La conclusione di Draghi rimanda inevitabilmente alla necessaria riforma dei Trattati. Tuttavia, secondo Draghi “data l’urgenza delle sfide che affrontiamo, non abbiamo il lusso di ritardare le risposte fino alla prossima modifica dei Trattati”. Infatti, per poter assicurare coerenza tra i diversi strumenti politici, “dobbiamo essere in grado di sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche”. Nel caso in cui si arrivasse alla conclusione che ciò non è fattibile, “in alcuni casi specifici dovremmo essere pronti a considerare di andare avanti con un sottogruppo di Stati, ad esempio per andare avanti sull’Unione dei mercati capitali per mobilitare investimenti”, ha spiegato l’ex premier, precisando tuttavia che “come regola” l’UE è chiamata ad “agire insieme”.

“Di norma, la coesione politica richiede che agiamo insieme. Forse sempre. Dobbiamo essere consapevoli che la stessa coesione politica è oggi minacciata dai cambiamenti nel resto del mondo”, ha poi affermato. “Ripristinare la nostra competitività non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o battendoci a vicenda. Ci impone di agire come Unione europea in un modo mai fatto prima”, ha aggiunto Draghi. “I nostri rivali ci stanno precedendo perché possono agire come un unico Paese con un’unica strategia e allineare dietro di essa tutti gli strumenti e le politiche necessarie. E se vogliamo essere all’altezza, avremo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che i Padri fondatori fecero 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio”, ha infine concluso l’ex presidente della Bce.

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