16/06/2014
2013, un anno difficile per i salumi italiani
Il 2013 è stato il terzo anno critico per i produttori di salumi. Il settore, come il resto del comparto alimentare, nonostante le connaturate doti anticicliche, ha continuato a mostrare una notevole debolezza legato alla stagnazione dei consumi e alla scarsa fiducia delle famiglie nel futuro. In un clima difficile, deteriorato dal prolungarsi della crisi, gli alti costi della materia prima e il rallentamento degli scambi hanno ulteriormente indebolito il settore.
“Nell’anno più difficile dall’inizio della crisi per l’economia italiana e per i consumi interni l’export ha rappresentato senza dubbio l’unica forza del settore e questo grazie al fatto che produciamo prodotti che piacciono non solo ai Paesi europei ma soprattutto ai paesi terzi. Ma tutto questo rischia di non bastare. Manca infatti un sistema Paese che sostenga adeguatamente i nostri sforzi. La impossibilità – nonostante le tante risorse impegnate – di debellare definitivamente alcune malattie veterinarie negli allevamenti italiani limita la gamma dei prodotti esportabili e i Paesi di destinazione e ci espone continuamente al pericolo di chiusura dei mercati extra UE comportando ogni anno perdite per la filiera suinicola che si possono prudenzialmente stimare in circa 250 milioni di euro di mancate esportazioni” ha commentato Lisa Ferrarini, Presidente di ASSICA.
“Manca, poi, una strategia di lungo periodo che, attraverso un adeguato stanziamento di risorse e professionalità, assicuri che gli accordi raggiunti in ambito comunitario o nazionale si concretizzino in aperture effettive per tutte le aziende del comparto e per tutti i prodotti. Troppo spesso, assistiamo, infatti, all’imposizione, da parte dei Paesi terzi, di vincoli burocratici che di fatto svuotano gli accordi di apertura dei mercati, rendendo impossibile o economicamente insostenibili le esportazioni” – ha concluso Lisa Ferrarini, Presidente di ASSICA.
La produzione soffre ma tiene – Fatturato in lieve flessione
La produzione di salumi, dopo un 2012 difficile, ha registrato nel 2013 una lieve flessione, scendendo a 1,179 milioni di tonnellate dalle 1,197 milioni dei dodici mesi precedenti (-1,5%). Sulla scia della produzione anche il fatturato ha registrato un cedimento, scendendo a 7.943 milioni di euro (-0,5%). Un andamento che rispecchia il contenuto aumento dei prezzi.
“La flessione produttiva – continua la Presidente Ferrarini – evidenzia una sostanziale capacità di tenuta del settore. In questa situazione ciò che ci preoccupa di più è la forte erosione della redditività aziendale. Appare evidente che la crisi ha compresso i margini della filiera in maniera non sostenibile nel medio periodo. L’aumento abnorme della pressione promozionale è apparsa una soluzione efficace per sostenere i consumi. Tuttavia deve essere chiaro a tutti che non può diventare la normalità, pena il fallimento delle imprese sia di produzione (macelli, trasformatori) sia di distribuzione. Dobbiamo in altre parole evitare il rischio che l’eccezionale diventi normale. l’auspicata ripresa dei consumi dovrà accompagnarsi a un ritorno verso livelli fisiologici di redditività per tutti”.
“Le nostre aziende soffrono da troppo tempo la burocrazia eccessiva, i costi dell’energia, la rigidità del mercato del lavoro: tutti aspetti che comprimono gli utili e non permettono alle imprese di crescere e di investire”.
Nonostante la contrazione della produzione, prosciutto crudo e cotto, prodotti leader del settore, rimangono stabili al 48,8% in quantità e al 52,4% in valore. Ma analogamente a quanto accaduto nel 2012, anche nel 2013 prosciutto crudo e cotto hanno evidenziato rispetto all’anno precedente una flessione: più sostenuta i prosciutti crudi, più lieve i prosciutti cotti. La produzione di prosciutti crudi è infatti scesa a 291.300 ton (-1,9%), mentre quella di prosciutti cotti si è fermata a 283.800 ton (-0,9%). Diversi gli andamenti in termini di valore, con il prosciutto crudo che ha registrato ancora una flessione (-0,9% per 2.223 milioni di euro), e il prosciutto cotto sostanzialmente stabile (+0,2% per 1.943 milioni di euro).
Ancora in calo sono risultate anche le quantità prodotte di mortadella, attestatesi sulle 170.800 ton (-2%) per un valore di 675 milioni di euro (-1,1%). Risultato positivo, invece, per i wurstel che hanno tagliato il traguardo delle 69.900 ton (+1%) per un valore di circa 245 milioni di euro (+1,1%), favoriti ancora una volta dal fattore prezzo e dalla dinamica domanda estera, soprattutto proveniente dall’est Europa.
Trend negativo anche per la produzione di speck, scesa a 29.000 ton (-1,8%) per un valore di 294 milioni di euro (-1%) e per quella di salame fermatasi a 109.000 ton (-1,8%) per un valore di 926 milioni di euro (-1%). Dopo il buon 2012 hanno registrato una flessione anche le produzioni di pancetta (-3% per 52.200 ton e -2,8% in valore per 241 milioni di euro) e coppa (-2% per 42.000 ton e -0,2% in valore per 321 milioni di euro). Fondamentali per questi prodotti, soprattutto le pancette, è stata la caduta dell’export. L’anno, infine, non ha risparmiato neppure bresaola, tornata a mostrare un andamento cedente in quantità (-1,3% per 15.700 ton) ma ancora un progresso in valore (+0,7% per un valore di 259 milioni di euro).
In calo i consumi procapite – Ai primi posti prosciutto cotto e prosciutto crudo.
Il 2013 è stato un altro anno difficile sul fronte dei consumi che hanno inevitabilmente risentito dell’ulteriore indebolimento del potere di acquisto dei consumatori italiani. Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi è stata di 1,083 milioni di ton (-2%) contro 1,105 milioni dell’anno precedente. Il consumo procapite è sceso a 18 kg dai 18,3 dell’anno precedente. considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche il consumo procapite è rimasto stabile a 30,9 kg.
La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, stabile, con una quota pari al 25,7% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo lievemente ridimensionato al 22,9%, da mortadella/wurstel al 20,2%, dal salame che sale all’8,1% e dagli altri tipi di salumi al 21,9%.
Le esportazioni di salumi battono la crisi – Superato il miliardo di Euro
Il vero traino rimane la domanda estera dei nostri salumi, che secondo le elaborazioni ASSICA sui dati ISTAT, ha superato quota 143.500 ton (+3,8%) stabilendo un nuovo importante record in valore: 1,182 miliardi di euro (+5,7%). Un traino che ha però dovuto fare ancora una volta i conti con le numerose barriere non tariffarie che i nostri prodotti incontrano sui mercati più redditizi e promettenti, ovvero i Paesi Extra UE.
Nel corso dell’anno è tornato a crescere anche l’import: +9,2% in quantità per 43.930 tonnellate e +9,2% in valore per 175,8 milioni di euro. Nonostante questo aumento, Il saldo commerciale del settore ha registrato un ulteriore importante incremento (+5,1%) superando 1 miliardo di euro. Per quanto riguarda i paesi di destinazione in Europa fatturati positivi su tutte le principali piazze di riferimento. All’interno della Unione Europea sono risultate determinanti per i nostri prodotti la domanda tedesca e quella francese ma un contributo positivo in termini di fatturato è arrivato da tutti i nostri
principali partner commerciali.
Anche per i Paesi Extra UE si registra un 2013 positivo per gli scambi con i Paesi extra UE superando il traguardo delle 28.200 ton (+6,4%) e i 263,5 milioni di euro (+5,8%). Fondamentali per il nostro export sono state le spedizioni verso gli Stati Uniti, primo mercato di destinazione con circa 6.330 ton (+7,4%) per 73,5 milioni di euro.