21/06/2013

Bene l’export, rallentano produzione e consumi

Il 2012 è stato un anno difficile anche per il comparto dei salumi. Il settore, come il resto dell’alimentare, non è stato risparmiato dalla crisi dei consumi che per il secondo anno consecutivo hanno mostrato una flessione, trascinando verso il basso anche la produzione, che segna un calo dell’1,2% in quantità.
Non sono bastate, dunque, le famose doti anticicliche dell’industria alimentare a ridare slancio alla domanda interna, depressa dai numerosi provvedimenti assunti in favore del risanamento dei conti pubblici e schiacciata dai timori delle famiglie per il futuro. La redditività in un contesto di costi crescenti che ha visto un aumento dei prezzi di tutti i principali fattori produttivi (dalla materia prima all’energia, dal lavoro al carico fiscale), è risultata ulteriormente compromessa e l’accesso al credito si è rivelato sempre più difficile e soprattutto oneroso.

Decisivo per la parziale tenuta del settore è stato l’export, come sempre dall’inizio di questa lunga crisi (2008). Le esportazioni di salumi hanno toccato quota 138.440 ton (+3,8%), segnando un nuovo importante record in valore: 1,116 miliardi di euro (+7,2%), nonostante l’ulteriore rallentamento evidenziato dal commercio mondiale e il peggioramento delle condizioni economiche in Europa, nostro principale mercato di riferimento.

Il difficilissimo 2012 che abbiamo alle spalle e i primi preoccupanti dati del 2013, confermano che il futuro del settore passa necessariamente dalla capacità di crescere all’estero, in particolare sui mercati extra-UE. Ha dichiarato il Presidente di ASSICA, Lisa Ferrarini – “Per questo, ogni settimana, continuiamo a lavorare perché ci mettano nelle condizioni di esportare. Ricordo che le perdite per la filiera suinicola dovute alle barriere non tariffarie si possono prudenzialmente stimare in circa 250 milioni di euro/anno di mancate esportazioni”.
I dati che confermano, infatti, ancora una volta l’importanza per il nostro settore di agganciare la domanda dei paesi più ricchi e promettenti, attratti dal nostro stile di vita e disposti a spendere per acquistare i nostri prodotti. Paesi spesso ancora difficili o impossibili da raggiungere non tanto per le distanze geografiche e/o culturali, quanto per l’esistenza di barriere tariffarie e soprattutto non tariffarie che impediscono l’accesso ai nostri salumi.

La produzione

La produzione di salumi
, dopo un 2011 difficile, ha registrato nel 2012 una nuova flessione, scendendo a 1,197 milioni di tonnellate dalle 1,212 milioni dei dodici mesi precedenti
(-1,2%), mentre il fatturato ha evidenziato un leggero miglioramento, arrivando a 7.989 milioni di euro (+0,5%). Un incremento, questo, essenzialmente riconducibile agli aumenti dei costi di produzione e in particolare a quelli della materia prima cui hanno fatto eco tutte le altre voci di costo: tasse, energia, lavoro, trasporti e spese varie.

In merito ai singoli salumi, a soffrire di più sono stati i prodotti a maggiore valore aggiunto. Prosciutto crudo e cotto, pur rimanendo prodotti leader del settore, hanno così visto scendere la loro quota complessiva al 48,8% dal 49,2% in quantità e al 52,4% in valore. Nel 2012 ambedue i prodotti hanno evidenziato rispetto all’anno precedente una flessione: più sostenuta i prosciutti crudi, più lieve i prosciutti cotti. La produzione di prosciutti crudi è scesa a 297.400 ton (-3,5%), portandosi sotto i livelli del 2010, mentre quella di prosciutti cotti è scesa a 286.300 ton (-0,5%) sostanzialmente in linea con quella del 2010. Diversi gli andamenti in termini di valore, con il prosciutto crudo che ha registrato una lieve flessione (-0,5% per 2.247 milioni di euro), penalizzato dalla consistente contrazione della produzione e il prosciutto cotto in lieve aumento (+0,3% per 1.940 milioni di euro).

In calo sono risultate anche le quantità prodotte di mortadella, scese a 174.300 ton (-1,5%) per un valore di 683 milioni di euro (+0,2%). Risultato positivo, invece, per i wurstel che hanno raggiunto il ragguardevole traguardo delle 69.200 ton (+3%) per un valore di 242 milioni di euro (+3,1%), favoriti soprattutto dal fattore prezzo e dalla dinamica domanda estera di Paesi caratterizzati da minori redditi pro capite ma interessati alle nostre produzioni. In flessione è apparsa anche la produzione di speck che, come il prosciutto crudo, ha visto l’orologio tornare al 2010 con una produzione di 29.500 ton (-3,6%) per un valore di 297 milioni di euro (-2,6%).

2012 in lieve crescita anche per il salame la cui produzione è salita a 111.000 ton (+0,5%) per un valore di 935 milioni di euro (+2,2%). Buono il trend delle produzioni di pancetta (+1,7% per 53.800 ton e +2,2% in valore per 248 milioni di euro) e coppa (+0,5% per 42.900 ton e +4,5% in valore per 321,8 milioni di euro). Fondamentali per questi prodotti, soprattutto le pancette, è stato il traino rappresentato dall’export.
L’anno, infine, ha riservato soddisfazioni per la bresaola. La produzione nel complesso, dopo aver stagnato nel 2011, nei dodici mesi passati è salita a 15.900 ton (+0,6%) per un valore di 256,6 milioni di euro (+2,1%).

La disponibilità al consumo

Il 2012 è stato un altro anno delicato sul fronte dei consumi. Nonostante l’indubbia e vantaggiosa qualità dei nostri prodotti e le numerose promozioni che hanno riguardato i nostri prodotti, gli acquisti nazionali di salumi hanno inevitabilmente risentito dell’ulteriore indebolimento del potere di acquisto dei consumatori italiani.
Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 1,106 milioni di ton (-1,3%) contro 1,120 milioni dell’anno precedente. Il consumo pro-capite è sceso a 18,3 kg dai 18,6 kg dell’anno precedente.

Particolarmente penalizzati sono risultati nel 2012 gli acquisti di prosciutti crudi stagionati, scesi dell’1,5% a256.700 ton. A contrarsi è stata soprattutto la domanda di prodotti derivati da materia prima nazionale, divenuti per una certa fascia di consumatori meno accessibili. In contrazione anche l’andamento dei consumi interni del prosciutto cotto, che si sono portati sulle 282.400 ton (-0,9%). Male anche i consumi di mortadella e wurstel (-1% per 221.200 ton), e quelli di salame scesi a 91.200 (-0,9%) dalle 92.000 ton dell’anno precedente. In calo, infine, anche la voce “altri salumi” scesi del -2% a 240.800 ton.

La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, stabile, con una quota pari al 25,5% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo lievemente ridimensionato al 23,2%, da mortadella/wurstel sempre al 20%, dal salame che sale all’8,2% e dagli tipi di salumi al 21,8%.


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